METECA

Sardegna: Le Voci della Tradizione
Sardinia: The Voices of Tradition

Volume 1

METECA, dalla tradizione orale alla memoria digitale – Marco Lutzu

La musica di tradizione orale della Sardegna ha un innegabile fascino che non di rado ha oltrepassato i confini dell’isola. Colpiscono i suoi caratteri peculiari, che la rendono unica nel panorama delle musiche del Mediterraneo, oltre alla straordinaria varietà di stili e modalità espressive che contraddistinguono le diverse aree del territorio regionale. Altrettanto affascinante è il rapporto che la musica sarda ha saputo intessere con la storia. Alcuni dei generi più rappresentativi affondano le proprie radici nei secoli passati, come testimoniato da numerosi documenti. Allo stesso tempo, pur con la naturale evoluzione che caratterizza ogni pratica musicale, questi continuano a vivere ancora oggi. Non un mero retaggio dei “bei tempi andati”, ma una musica viva, parte essenziale della vita quotidiana di tanti sardi, che con essa veicolano emozioni e passioni, esprimono sé stessi, il proprio sentimento di appartenenza e l’orgoglio per le proprie origini.

Il progetto METECA (Teca del Mediterraneo) intende valorizzare questa straordinaria ricchezza, sfruttando le potenzialità dei new media per dare vita a un prodotto editoriale appositamente concepito per un palcoscenico internazionale. Il progetto nasce nel 1995, quando un gruppo di sensibili musicisti e appassionati cultori avvia una campagna di documentazione del patrimonio musicale della tradizione sarda. L’idea originaria verteva sulla necessità, percepita come urgente, di fissare su disco alcuni degli esempi più rappresentativi di quel ricco mondo musicale trasmesso per tradizione orale. Fin dalle origini il progetto ha avuto tra i suoi obiettivi quelli di realizzare produzioni, digitali e non, che permettessero di restituire il fascino di questo straordinario mondo musicale, da un lato riconsegnando le registrazioni alle comunità d’appartenenza e dall’altro promuovendole oltre i confini dell’isola.

Il percorso d’ascolto proposto in questo CD è un viaggio alla scoperta della voce in Sardegna. O delle voci sarde, sarebbe meglio dire, viste le molteplici modalità espressive con cui il canto, maschile o femminile, monodico o polifonico, con o senza accompagnamento strumentale, viene impiegato nell’isola per esprimere amore, dolore, gioia, devozione e senso di attaccamento alla propria terra.

Del fatto che la musica, e in particolare il canto, fosse una pratica espressiva di primaria importanza nella vita sociale dei sardi era già consapevole Giovanni Spano, fine linguista e archeologo vissuto nel XIX secolo. In una delle sue opere più importanti, Ortografia Sarda Nazionale (1840), il canonico decanta le doti poetiche dei suoi conterranei e descrive gli usi musicali del tempo. Tesse le lodi delle “sarde poetesse” nei due estremi momenti della vita dell’uomo: cioè nella culla, appena nato, lodandolo; e nel feretro, appena morto, piangendolo. E per descrivere queste abilità prende ad esempio le ninna nanne caratterizzate, allora come oggi, dal ricorrere di un intercalare che le madri ripetono tra i versi rivolti al figlio: ninnia, ninnò, aninnora, lallà, tàjrà. Da questa suggestione nasce il nome del progetto di ricerca Tàjrà, di cui METECA è l’approdo ideale.

Gianni Menicucci, musicista, tecnico del suono, organizzatore culturale e produttore discografico è l’ideatore di Tàjrà, progetto ispirato a Le Voix du Monde, cofanetto antologico pubblicato dal Musée de l’Homme di Parigi, con un vasto campionario di documenti sonori – perlopiù registrazioni realizzate sul campo da due importanti etnomusicologi francesi, Hugo Zemp e Bernard Lortat-Jacob – che illustrano le molteplici possibilità espressive con cui la voce umana si articola nel canto.

Affascinato da quel viaggio musicale attraverso i cinque continenti, Menicucci decide di realizzare, seppure in scala ridotta, un viaggio analogo in Sardegna. Idea che si fa concreta con l’associazione culturale Caranas 108 di Cagliari che, anche grazie a un finanziamento della Regione Sardegna, lo avvia affidandogli la direzione artistica del progetto.

In breve tempo forma un’équipe di ricerca del cui gruppo originario fanno parte Luca Nulchis, Sandro Fresi e Claudio Gabriel Sanna, musicisti che hanno fatto della contaminazione con la musica tradizionale sarda la propria cifra stilistica.

Insieme girano in lungo e in largo la Sardegna alla ricerca di cantadores e cantadoras. Registrano una grande varietà di espressioni musicali, tutte con la voce come protagonista. Nel corpus di documenti raccolti trovano spazio monodie femminili e polifonie maschili, generi tradizionali e rielaborazioni. Tutte le registrazioni vengono effettuate con un sistema portatile digitale che garantisce un’ottima qualità del suono, permettendo ancora oggi di apprezzare la ricchezza delle sfumature espressive e la varietà timbrica delle voci sarde. 

METECA, from oral tradition to digital memoryMarco Lutzu


The undeniable charm of Sardinian music of oral tradition has quite often been able to cross the Island’s borders. It stands out for a series of peculiar characteristics that make it unique in the Mediterranean music panorama and also for the extraordinary variety of styles and expressive modalities that distinguish each area of the regional territory. And no less fascinating is the relationship that Sardinian music has woven with history. Some of the most representative genres are rooted in centuries past, as evidenced by numerous sources. And although these genres have been affected by the natural evolution that characterises every musical practice, they continue to live on. Not as a mere legacy of the “good old days” but as a music that is alive, an essential part of the everyday life of many Sardinian people who use it to convey emotions and passions, as a means of expressing themselves and their very feeling of belonging and pride in their origins.

The METECA project (which stands for “Mediterranean Theca”) aims at valorising this extraordinary wealth, exploiting the potential of new media and giving life to an editorial product specifically designed for an international target. The project was set up in 1995, when a group of sensitive musicians and passionate enthusiasts launched a campaign to document the musical heritage of the Sardinian tradition. The original idea stemmed from what was perceived as an urgent need to set some of the most representative examples of that rich musical world handed down by oral tradition, on disc.

From the very start, one of the project’s aims was to realise digital and non-digital productions that would capture and restore the charm of this extraordinary musical world and, at the same time, both return the recordings to the communities to which they belonged and promote them beyond the Island’s borders.

The listening experience proposed in this CD is a journey to discover Sardinia’s voice. Or perhaps, we should say, Sardinian voices, considering the vast number of expressive modalities that exist on the Island, with which male or female, monodic or polyphonic singing, with or without instrumental accompaniment, expresses love, pain, joy, devotion and a sense of attachment to one’s land.

The sagacious 19th century linguist and archaeologist Giovanni Spano was one of the first to point out that music and, in particular, singing, was an expressive practice of primary importance in the social life of the Sardinian people. In one of his most important works, Ortografia Sarda Nazionale (Sardinian National Orthography, 1840), the canonist declaims the poetic skills of his countrymen and describes the musical uses of the time. He praises the “Sardinian poetesses” who could show off their skills at two extreme moments in human life, that is, singing praises to the new-born baby lying in the cradle and lamenting the dead as they are laid to rest. And he uses lullabies as an example to describe such skills because then and still today they are characterised by the repetition of a refrain in the verses the mothers sing to their child: “ninnia, ninnò, aninnora, lallà, tairà”. This inspired the name of the research project “Tàjrà” and METECA provided the perfect haven.

Gianni Menicucci, musician, sound engineer, cultural organiser and composer, is the creator of Tàjrà, a project inspired by Le Voix du Monde, an anthological box set published by the Musée de l’Homme in Paris, with a vast collection of sound documents. These are mostly recordings made in the field by the important French ethnomusicologists Hugo Zemp and Bernard Lortat-Jacob and they illustrate the many possibilities with which the human voice is expressed in singing.

This musical journey through the five continents so fascinated Menicucci that he decided to do something similar in Sardinia, albeit on a reduced scale. He was able to concretise this idea thanks to Cagliari’s Caranas 108 Cultural Association who, with funding from the Sardinian Region, entrusted him with the artistic direction of the project. In a short time, he set up a research team whose original group included Luca Nulchis, Sandro Fresi and Claudio Gabriel Sanna, musicians whose style is born from the contamination with traditional Sardinian music.

Together they travelled Sardinia far and wide looking for cantadores and cantadoras, male and female singers. They recorded a great variety of musical expressions, in which the protagonist is always the voice. The corpus of collected documents contains female monodies and male polyphonies, traditional genres and reinterpretations. All the recordings were made with a digital portable system that guarantees excellent sound quality, giving listeners the chance to appreciate the richness of the expressive nuances and the tonal variety of the Sardinian voices even today.

METECA

Sardegna: Le Voci della Tradizione
Sardinia: The Voices of Tradition

Volume 2

METECA, dalla tradizione orale alla memoria digitale – Claudio Gabriel Sanna

L’associazione culturale Tàjrà ci propone il secondo volume di METECA, dalla tradizione orale alla memoria digitale. In questa breve introduzione mi limito a porre l’accento su alcuni concetti e pensieri ispirati dall’ascolto di questo prezioso lavoro prodotto dai ricercatori di Tàjrà.

Comincerò col dire che METECA non è un trattato di musicologia,  non è un’antologia esaustiva dei moduli vocali della tradizione sarda, non è una pedante elencazione di brani tradizionali classificati per genere e area di diffusione.

Il progetto METECA (Teca del Mediterraneo) contribuisce con un tassello importante alla creazione di un archivio musicale sardo, obiettivo ancora lontano dall’essere raggiunto, nonostante in questi anni alcuni passi in tal senso siano stati compiuti, per esempio con la realizzazione degli archivi di ISRE, Sardegna Digital Library e, grazie all’impegno degli eredi del musicologo Pietro Sassu, degli Archivi Sassu.

A me sembra che lo spirito che ha animato i ricercatori in questa vera e propria indagine musicologica sul campo, che segue il cammino tracciato da predecessori illustri, da Bartók e Brăiloiu ai nostri Leydi, De Martino, Carpitella e Sassu (per citarne solo alcuni), sia stato soprattutto la ricerca del bello, in altre parole l’intento di produrre un’opera d’arte. E proprio in questo risiede la forza del progetto METECA. Chi ascolterà il disco si renderà conto immediatamente dell’alto livello di esecuzione dei canti da parte di tutti gli interpreti, professionisti e non, nonché dell’ottima qualità delle registrazioni effettuate sul campo e dell’estrema cura riposta nella fase di post-produzione.

A questi elementi si aggiunge un ulteriore fattore positivo, che distanzia notevolmente METECA dalle consuete raccolte di musica popolare: l’apertura alla creatività e alle contaminazioni. In un certo senso qui si disattendono le indicazioni date da Béla Bartók, che affermava la necessità di indagare solamente sulla vera musica popolare o contadina “prodotta da individui mossi da istinti innati e non influenzati dalla cultura borghese, tralasciando quella da lui definita popolaresca o cittadina, “troppo contaminata e svalutata dal conoscimento delle strutture musicali colte e condizionata da modelli di vita urbani”.

A più di un secolo di distanza, alla luce dei contributi dati dalla musicologia e dalla sociologia in tutto il Novecento, sarebbe però anacronistico seguire pedissequamente le indicazioni bartokiane, senza tenere in debito conto le modificazioni avvenute nel tessuto sociale europeo, sia esso rurale o urbano,  e ignorando le contaminazioni culturali causate dal progresso in tutti i campi, anche nella nostra isola.

Su questo si potrebbe riaprire una querelle mai risolta e che ancora appassiona e divide i musicologi contemporanei: la difficoltà e/o necessità di distinguere tra le esecuzioni fedeli alla tradizione e le altre interpretazioni o varianti definite creative o “contaminate”, in qualunque modo questo s’intenda.

Nel progetto METECA non troviamo un atteggiamento eccessivamente purista, né esageratamente aperto alle sofisticazioni. La selezione dei brani, per quanto soggettiva, sembra corretta ed equilibrata, anche da un punto di vista sociologico: l’espressione vocale in Sardegna è vista non come un fatto arcaico, da proteggere e conservare come un sito archeologico, ma come un fatto sociale in divenire, il prodotto di una collettività che si evolve.

A questo proposito è utile citare il musicologo rumeno Brăiloiu, il quale incitava spesso i ricercatori di musica etnica a non giudicare affrettatamente e a tutti costi il materiale raccolto, ma soprattutto a comprenderlo senza limitarsi all’analisi del fatto strettamente musicale, anzi svolgendo una profonda analisi del tessuto sociale da cui scaturiva. Egli fondava così, forse inconsapevolmente, la sociologia della musica. In questa direzione si orientano i due CD-book prodotti nel progetto METECA, presentandoci un esauriente spaccato della realtà vocale sarda.

E all’interno di quest’ultima è presente e si afferma, accanto ai cantori della tradizione, un movimento di musicisti sinceramente innamorato della propria terra e della propria cultura, che ha dato vita, dagli anni Settanta in poi, a un nuovo genere, denominato altrove folk revival, folk d’autore, traditional arranged, musica etnica o world music, che noi potremmo forse già definire musica sarda contemporanea.

In METECA troverete gradevolmente mescolate queste due facce dell’espressione vocale sarda: l’esecuzione fedele alla tradizione millenaria e la rielaborazione contaminata da generi contemporanei. L’aperto confronto tra passato e presente conferisce al progetto completezza di informazione sulle proposte musicali in Sardegna e attribuisce all’opera anche una notevole valenza pedagogica, oltre a quella divulgativa, che peraltro diamo per scontata.

In questa non trascurabile ottica, METECA potrà essere un ottimo strumento didattico per l’insegnamento della lingua e della cultura sarda nelle scuole, quando questa potrà realizzarsi, come ormai previsto dalle leggi dell’autonomia sarda, senza che peraltro siano stati ancora definiti – incautamente – tempi, metodi e strumenti didattici.

Mentre in nazioni più lungimiranti e accorte, come la Catalogna, da molti anni si insegnano la lingua, la musica e le tradizioni popolari sin dalla scuola primaria e si finanziano numerosi festival di musica folk, ma anche pop, country, hard rock o hip hop, purché gli artisti cantino in catalano. Vi lascio a queste riflessioni, ma soprattutto al viaggio nei due CD-book di METECA, che non ho esitato a definire un’opera d’arte sarda contemporanea e della quale auspico la più ampia distribuzione, soprattutto presso gli organismi culturali e le scuole. Gli operatori e gli insegnanti accorti sapranno farne un ottimo strumento didattico, approfondendo con opportune ricerche il testo, il luogo, l’occasione, la ritualità collegata e l’ambiente di provenienza dei canti.

Chi insegna è consapevole del fatto che i giovani assimilano molto di più dalla contemplazione e dall’ascolto di un’opera d’arte ispirata, piuttosto che dalla lettura di un testo validissimo, ma freddo ed estraneo alla loro realtà quotidiana.

A questo proposito, recentemente ho ricordato il momento in cui è nata in me la passione per la musica sarda e popolare in genere. Avevo sei anni, ascoltavo nei caldi pomeriggi estivi una radio a valvole e per sentire meglio tenevo in mano il filo dell’antenna. Trasmettevano la sigla del Gazzettino Sardo, tratta da un’opera del compositore Ennio Porrino: era contaminata, bellissima, emozionante.

Béla Bartók l’abbiamo letto molto tempo dopo.

METECA, from oral tradition to digital memory Claudio Gabriel Sanna


The Tàjrà cultural association presents the second volume of METECA, from oral tradition to digital memory. In this brief introduction I will limit myself to focusing on some concepts and thoughts inspired by listening to this precious work produced by Tàjrà’s researchers. Let me start by saying that METECA is not a treatise on musicology, nor is it an exhaustive anthology of the vocal canons of the Sardinian tradition or even a pedantic list of traditional pieces classified by genre and area of diffusion. 

The METECA project (Teca del Mediterraneo) adds an important piece to the creation of a Sardinian musical archive, an objective that is still far from being achieved, despite the several steps that have been taken in this direction in recent years, for example with the establishment of the ISRE archives, the Sardegna Digital Library and thanks to the efforts of the heirs of the musicologist Pietro Sassu, the Sassu Archives. In my opinion, the search for beauty, or better, the intent to produce a work of art was the spirit that mainly animated the researchers in undertaking this authentic piece of musicological field research, in the wake of illustrious predecessors, of the likes of Bartók and Brăiloiu to our Leydi, De Martino, Carpitella and Sassu (to name but a few). And this is precisely where the strength of the METECA project lies.

Anyone listening to the record will immediately become aware of the high level of performance of the songs, be the performers professionals or non-professionals, the excellent quality of the recordings made in the field and the extreme care taken in the post-production phase. These elements are joined by another positive factor, which considerably distances METECA from the usual collections of popular music: openness to creativity and contamination. In a certain sense, here we are disregarding the indications given by Béla Bartók, who affirmed the need to investigate only true folk or peasant music “produced by individuals moved by innate instincts and not influenced by bourgeois culture”, leaving aside what he defined as popular or urban which was “too contaminated and devalued by the knowledge of musical structures cultured and conditioned by models of urban life”.

More than a century later, in light of the contributions made by musicology and sociology throughout the 20th century, it would however be anachronistic to follow Bartok’s indications without taking into account the changes that have occurred in the European social fabric, be it rural or urban, and ignoring the cultural contaminations caused by progress in all fields, even on our Island. This could reopen an unsolved controversy that still fascinates and divides contemporary musicologists: the difficulty and/or need to distinguish between performances that are faithful to tradition and other interpretations or variants defined as creative or “contaminated”, in every sense of the word.

The METECA project does not adopt an excessively purist approach, nor is it overly prone to sophistication.The selection of the pieces, albeit a subjective one, seems appropriate and well-balanced, also from a sociological point of view: vocal expression in Sardinia is seen not as an archaic fact, to be protected and preserved like an archaeological site, but as a social fact in the making, the product of an evolving community. In this regard it is worth mentioning the Romanian musicologist Brăiloiu, who often urged ethnomusicologists not to evaluate the collected material quickly and at any price, but above all to understand it by going beyond a mere analysis of the musical artefact alone, carrying out an in-depth study of the social fabric from which it originated. He may thus have inadvertently founded the sociology of music.

The two CD-books produced within the METECA project follow these lines, offering a thorough insight into the vocal music of Sardinia. And alongside the traditional singers, this music also contains a movement of musicians who feel a deep love for their land and culture which, from the 1970s onwards, has given life to a new genre, elsewhere called folk revival, folk art, traditional-arranged, ethnic music or world music, which we could perhaps already define contemporary Sardinian music.

In METECA you will find a pleasant mix of these two sides of Sardinian vocal expression: performances that hold faithful to the millennial tradition and reworkings contaminated by contemporary genres. The open dialogue between past and present makes the project a comprehensive source of information on the musical proposals in Sardinia and also means that the work acquires a considerable pedagogical value, alongside the popular one, which goes without saying. In what is anything but an insignificant perspective, METECA could eventually prove to be an excellent education tool for teaching the Sardinian language and culture in schools, as set out in the laws for Sardinian autonomy, although rather laxly, times, methods and didactic tools have still to be defined.

Whereas in more far-sighted and discerning nations, such as Catalonia, the teaching of language, music and folk traditions from primary school onwards has been in place for many years, just as funding is provided for numerous folk music but also pop, country, hard rock or hip-hop festivals, so long as the artists sing in Catalan. With this food for thought let me leave you to start your journey through the two METECA CD-books, which I have no qualms in defining as a work of Sardinian contemporary art and which I hope will enjoy the widest distribution, especially among cultural organisations and schools. Wise users and teachers will know how to employ it as an excellent teaching tool, using the right research to delve deeper into the text, the place, the occasion, the related rituals and the songs’ place of origin.

Anyone who teaches is well aware of the fact that young people assimilate much more from contemplating and listening to an inspired work of art, than from reading what may be an extremely valid text, but which is cold and alien to their daily reality. In this regard, I recently remembered the moment when my passion for Sardinian and popular music in general was born. I was six years old and used to spend those hot summer afternoons listening to my transistor radio, holding the wire antenna in my hand to hear better. The signature tune of the Gazzettino Sardo was taken from an opera by the composer Ennio Porrino: it was contaminated, beautiful, exciting.

Many years would pass before we read Béla Bartók.